sabato 19 maggio 2012

Il mistero della felicità



Dio mio! Un intero minuto di felicità! È forse poco, sia pure in tutta la vita d’un uomo?...

 Fëdor Michajlovič Dostoevskij

Queste poche frasi concludono il racconto di Dostoevskij, poche frasi che in parte celano e in altra rivelano il più grande mistero della vita: che cos’è la felicità?
 
Il buon sognatore sembra averlo capito, o quantomeno sembra aver iniziato a comprenderne il senso. L’amore per la giovane Nasten’ka pare infatti svegliarlo da quel torpore cui la sua solitudine lo aveva costretto e tirarlo fuori dallo stato di originalità in cui si era adagiato. In questo primo amore reale sembra esserci la salvezza e tutto il significato dell’esistenza del giovane. Un sentimento di redenzione che permane anche quando l’amore non è più possibile: tant’è che il sognatore riconosce il valore di quel minuto di felicità. Dunque è con questo riconoscimento che si conclude la vicenda. 

Ma secondo me non c’è solo questo: dove si conclude la vicenda inizia invece la vita, la vera vita. Quel concetto di felicità che il giovane sembra possedere così sicuro nella sua mano è infatti la chiave che gli apre la porta del mondo reale, una porta che non può più essere chiusa – quando si scopre una cosa non si può più realmente tornare indietro a quando non la si conosceva, al più si può fingere la sua non esistenza, ma non eliderla. In questo sta la rivelazione che Dostoevskij ci offre del grande mistero della vita cui accennavo prima: il sognatore ha imparato cosa vuol dire vivere, e lo ha imparato solo vivendo. Quello che invece è nascosto è tutto il resto, ovvero: deciderà ancora di vivere il sognatore? E, soprattutto, come deciderà di vivere, scoperta la vita reale, per vivere appieno? Ecco il succo del mistero della felicità.

Ogni uomo desidera una vita ricca e unica, reale: tutti aspetti che vengono a convergere nel vasto concetto di felicità. Ma precisamente cos’è la felicità? E come si può effettivamente raggiungerla? Se per il sognatore di Dostoevskij coincide con la scoperta dell’amore, è così per tutti? 

Molti filosofi sin dai tempi antichi si sono arrovellati su questo problema. C’è chi descrive la felicità umana come ciò che meglio realizza la ragione dell’uomo, ossia la contemplazione del Sommo Bene; altri ritengono invece che si possa essere felici solo nella libertà concessa dalla vita sociale e politica; e così via dicendo. Ma è chiaro che non serve essere filosofi per occuparsi del significato della felicità. Esistono infatti diversi film che ne trattano o esplicitamente, come La ricerca della felicità di G. Muccino, che presenta un significato più legato alla vita materiale e pratica, o implicitamente come Qualcosa è cambiato di J. L. Brooks ed ogni altra commedia d’amore. 

Sostanzialmente quindi il problema effettivo non è che cosa sia di per sé la felicità, ma quale sia quella adatta a noi, quella che noi ricerchiamo in particolare, perché di risposte alla nostra misteriosa domanda in realtà ne riceviamo ogni giorno a migliaia – basta vedere quanto è felice anche l’omino che fa la pubblicità al dentifricio.

Direttamente da Luzer!.

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