domenica 13 maggio 2012

Il femminile nella storia: un disappunto che non passa ancora

Giuditta e la sua ancella
di Artemisia Gentileschi

Citazione da sapere per essere colti:
Hans Castorp, discorrendo con myheer Peeperkorn, afferma: "Le donne, vorrei dire sono creature reattive, senza libera iniziativa, indolenti, cioè passive... Mi consenta di svolgere meglio, anche se con fatica, questo pensiero. La donna, per quanto ho potuto capire, in faccende d'amore si considera in un primo tempo oggetto, lascia che l'amore le si accosti, non sceglie liberamente, diventa soggetto capace di scelta soltanto in base alla scelta dell'uomo e anche allora la sua libertà di scelta (presupposto che non si tratti proprio di un tizio troppo meschino, ma nemmeno questa è condizione assoluta)... la sua libertà di scelta, dico, è pregiudicata e corrotta dall'essere stata scelta lei. [...] Lei chiede a una donna: 'Lo ami davvero?'. 'Lui mi ama tanto!' risponde alzando lo sguardo o magari abbassandolo. Ora si figuri una risposta così sulle labbra di uno di noi: scusi l'accostamento! Può darsi che ci siano uomini costretti a rispondere così, ma sono decisamente ridicoli, succubi dell'amore, per dirla con frase scultoria. Mi piacerebbe sapere quale stima di sé riveli questa risposta femminile. Crede la donna di dovere illimitata devozione all'uomo che con la sua scelta amorosa fa una grazia a un essere umile come lei, o scorge nell'amore dell'uomo per lei un infallibile indizio della superiorità di lui? Questa è la domanda che mi sono posto talvolta nelle mie ore di riposo"
Thomas Mann

Sarà che sono una donna, sarà che alla 1100esima pagina de La montagna incantata si pensa di aver già affrontato i discorsi più improbabili e anacronistici, sarà che è un libro che mi trascino da più di un anno e che leggo solo quando ne ho molta voglia, ... ma nonostante il mio grande rispetto per Mann di cui adoro il modo di scrivere e inquadrare le tematiche da quando ho letto Tonio Kröger nell'adolescenza, queste argomentazioni sul modo in cui le donne affrontano l'amore secondo Castorp - l'ingenuo protagonista che viene iniziato alla vita - è fin troppo superficiale anche per un ragazzo che ancora non ha le idee chiare su come stanno le cose.

Ma forse Mann non è che figlio del suo tempo e della cultura classica. Se i grandi filosofi tedeschi - come Heidegger - si sono spontaneamente consacrati come prosecutori degli antichi Greci, che hanno rappresentato la culla della nostra civiltà, allora il messaggio che trasmette lo scrittore tedesco è perfettamente coerente con quello che scriveva Aristotele più di 2000 anni fa. Lo Stagirita infatti affermava che la donna è fredda e l'uomo caldo, per cui la donna, passiva, dovrebbe essere riscaldata dall'uomo, che invece è attivo.

Eppure, anche razionalizzando, il disappunto provato leggendo quelle pagine di un grandissimo intellettuale del Novecento non mi passa e, anzi, alla mente mi tornano gli scritti di Freud di qualche decennio prima, in cui consacrava la donna come un essere inferiore condannata a vivere la sua vita soffrendo dell'invidia del pene

Ma il pensiero non si ferma qui e contemporaneamente si risvegliano in me anche altri fastidi di tempi precedenti, di letture fatte e rimaste impresse, di parole dette da grandi, o grandissimi, che nel corso della mia vita mi hanno stupita per il loro modo di approcciarsi al femminile. Insomma, in poco tempo mi rendo conto che la strada fino ad Aristotele non è semplicemente un salto nel passato, ma il frutto di un lungo percorso che andando a ritroso si ricostruisce da sé.

Se penso all'Ottocento infatti mi compare subito di fronte il nome di Comte, che nella spiegazione dei suoi famosi stadi afferma che la famiglia si fonda sulla subordinazione dei figli ai genitori, ma soprattutto che il sesso femminile è "in una specie di continuo stato d'infanzia", quindi l'uguaglianza dei sessi è "chimerica".
Alla fine del Rinascimento penso a Galileo Galilei che nonostante avesse intrattenuto con la veneziana Marina Gamba una storia a distanza da cui nacquero diversi figli, decise comunque di farla sposare a un suo collaboratore.

Nel Duecento e nel Trecento è il paradosso di Cavalcanti e Dante che fa capolino: la donna poteva essere innalzata dal cavaliere a divinità tanto quanto violentata dallo stesso in quanto pastorella.

Nel Medioevo invece tra i drammi alla Abelardo ed Eloisa e le donne tentatrici ci sono molti esempi.

A questo punto mi sembra evidente: il passato mi invita a portar clemenza alla voce di Thomas Mann, né primo - ma nemmeno ultimo - di una non breve serie di considerazioni che tendono a trasformare la donna in una visione quasi onirica, carica di idealizzazioni, di comportamenti altalenanti, di superficialità, di contraddizioni, ... A questo punto, sulla scia di quello che lo stesso tedesco ha messo in luce nelle riflessioni del suo giovane protagonista, mi chiedo solo un'ultima cosa: ma se fosse stato l'uomo oggetto di tutti questi pensieri e ripensamenti, desideri e rifiuti, maneggiamenti e abbandoni, senza la possibilità di poter far sentire la sua voce se non in alcuni rari casi nel tempo passato (penso a Ipazia o a santa Caterina da Siena), allora, leggendo oggi tutto questo, un po' di fastidio non verrebbe forse anche a lui?

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