mercoledì 25 aprile 2012

La possibilità di cambiamento nasce e muore in noi stessi


Qual è quell'evento che rende speciale la propria vita? È il senso che vi diamo oppure è il mondo che ci colpisce dall'esterno con la sua imprevedibilità?
Questa è una domanda che mi sono posta oggi e che sorge da una pluralità di elementi che si stanno intrecciando nella mia esistenza congiunto con la visione di un film intercettato su La7 mentre pranzavo. Il film a cui mi riferisco è Il piccolo Buddha (1993) di Bernardo Bertolucci che narra la storia di un bambino di 9 anni, Jesse Konrad, che viaggia attraverso la vita di Siddharta (Keanu Reeves), perché dei monaci tibetani, credendo che sia la reincarnazione del loro maestro morto circa 10 anni prima, lo guidano nel loro mondo e gli insegnano la propria storia e cultura.

L'aspetto interessante di questo film è rappresentato proprio dall'incrocio degli eventi e delle convinzioni differenti dei protagonisti, che però non impediscono il contatto tra due culture tanto diverse al punto da apparire quasi contrapposte.

La svolta avviene quando il padre di Jesse, Dean Konrad (Chris Isaak) si trova a dover affrontare la morte dell'ex-compagno d'affari, da quel momento tutte le sue convinzioni si ribaltano e decide di accompagnare il figlio per quel viaggio che permetterà di scoprire se il bambino è effettivamente la reincarnazione di lama Dorje. Dean affronta il viaggio non solo con curiosità, ma anche con distacco, e non cambia, nonostante i diversi avvenimenti, le sue convinzioni circa la reincarnazione e la storia del buddhismo, però modifica completamente il proprio stile di vita. Infatti al ritorno dal viaggio la vita della famiglia prosegue con maggiore serenità rispetto a prima, arricchita da una forte esperienza concreta e spirituale, che per sempre lascerà un importante traccia nel loro destino.

La vita quindi alle volte cambia perché è un evento esterno a sé che colpisce e sovrasta, perché qualcosa che non si può controllare investe con la sua potenza (Jesse). Ma d'altro canto se non si decide di muoversi verso il cambiamento (Dean) allora tutto resterà uguale e, probabilmente, ugualmente disperato. Emerge da qui che l'evento che può rendere speciale la propria vita non è detto che riguardi direttamente se stessi e forse non sarà mai qualcosa di così straordinario come quello di un bambino che si scopre una reincarnazione di un maestro spirituale per i monaci di un'altra cultura. Eppure si può cogliere un aspetto importante da questo intreccio di elmenti, ovvero il potere del proprio sguardo, che sembra essere la chiave di volta per cogliere il diverso significato delle singole cose e trasformarlo rendendolo proprio e vivo.

Ognuno di noi possiede uno sguardo diverso e quindi nessuna situazione di vita quotidiana può assumere un unico significato, il senso di tutto ciò che si esperisce è relegato a sé e al proprio bisogno di vivere in un modo o in un altro segue quindi un determinato modo di vedere ciò che circonda. Ma se il valore attribuito alle cose non è univoco, univoca è la direzione del proprio agire: infatti ci si può muovere o verso se stessi o verso gli altri.

Significative sono in questo senso le parole del maestro lama Norbu:
Ognuno di noi è collegato agli altri, come lo è il mondo all'universo. Ma ricordatevi questo: la cosa più importante di tutto è di provare compassione per tutti gli esseri, di donare se stessi e soprattutto di trasmettere la conoscenza, come il Buddha.
Allora forse, per comprendere quale sia l'evento speciale che caratterizza la nostra vita, non si deve fare altro che guardarsi intorno, rivolgersi ai propri affetti, coltivare i propri rapporti e sostenere le proprie relazioni. Questo significa vivere in funzione del mondo esterno e non della sola propria interiorità. Significa quindi scegliere gli intrecci, le reti complicate dei rapporti e la concretezza di una vita in cui esserci e decidere tenendo conto della pluralità in cui si vive. In questo modo si può porre fine alla propria solitudine, la quale non potrebbe fare altro che consumarsi in un facile ideale presente nella propria propria mente, in cui si è installata l'illusione di poter vivere in una realtà priva di ostacoli e difficoltà, ricca di possibilità senza alcun limite, ma evidentemente priva degli altri uomini. 

In conclusione, l'evento speciale sembra che non possa accadere in un totale isolamento, in una parentesi abitata solo da se stessi, perché è proprio l'esistenza di un collegamento con l'universo e con gli altri che lo rende realizzabile. Non è dunque possibile avere a che fare con l'imprevedibilità del mondo se nel mondo non si vuole vivere, se si preferisce fuggire dando retta alla propria paura e chiudendosi nelle proprie convinzioni, se, in sostanza, si sceglie se stessi piuttosto che l'Altro.


2 commenti:

  1. "Allora forse, per comprendere quale sia l'evento speciale che caratterizza la nostra vita, non si deve fare altro che guardarsi intorno, rivolgersi ai propri affetti, coltivare i propri rapporti e sostenere le proprie relazioni."......verissimo ma non sempre facile perché sono gli altri che tendono a chiudersi a causa di una società che si basa sull"individualismo.....cmq davvero molto bello e profondo come pezzo che per di piu scaturisce dalla visone di uno dei film del grande Bertolucci....complimenti sei davvero brava :)

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  2. Muoversi verso gli altri è la sfida più difficile da sempre, ed di certo anche è la più fallimentare e quella che provoca più sofferenza, però è anche ciò che avvalora il senso di soddisfazione e pienezza di vita. Inoltre, e in questo ammetto la radicalità del mio modo di vedere le cose, credo che l'unica strada per combattere l'individualismo di cui parli sia di agire, non possiamo aspettare che sia il mondo a cambiare per noi, ma siamo noi a doverlo cambiare. In ogni caso grazie per i complimenti, li apprezzo davvero molto! :)

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