sabato 5 ottobre 2013

Postcards from Paris #1: la metro



Quando comincio a chiedermi se dentro quei corpi alienati che incontro nella metropolitana di Parigi ci sia un'anima, in genere accadono due cose: o divento vittima di quello che ormai chiamo "lo sguardo assassino" oppure compare qualche personaggio strano che con i suoi atteggiamenti rivela una netta personalità.

Lo sguardo assassino è quell'occhiata rabbiosa che i parigini ti lanciano nel momento in cui vengono inavvertitamente urtati o spostati dal loro posto. Dopo aver vissuto a Milano per diversi anni, mi ero abituata alla classica nevrosi da mattina in metro che di solito comporta qualche lamentela ad alta voce e che si risolve con un: "Mi scusi, non era mia intenzione". Non sempre le scuse sono dovute, ma che ci si può fare, non è scontato che la gente dia il meglio di sé la mattina quando ci si trova pigiati come sardine e si deve andare a lavoro. 

Lo stesso vale anche per Parigi, ma sapete qual è la differenza? Che i parigini non ti danno la possibilità di chiudere la questione, perché, qualunque cosa accada, che sia insignificante o fastidiosa, loro ti concedono solo, per l'appunto, uno sguardo assassino. Non si lamentano né niente e quindi non ti puoi nemmeno scusare e magari farli calmare un po': qui vige il mutismo assoluto con solo occhi in fiamme annessi. Un accessorio che faccio fatica a spiegarmi: dove la trovano l'energia per essere già così arrabbiati la mattina nel bel mezzo del coma pre-lavoro?

Per quanto riguarda i cosiddetti personaggi, è da anni che ne sono convinta, ma è bastato poco tempo per darmene la conferma: Parigi possiede un sostrato di persone differenti invidiabile e, soprattutto, il luogo d'incontro migliore di queste persone è la metropolitana. 

La metropolitana di Parigi è già un'attrazione di per sé, tra la fermata sepolta sotto la Senna, i molteplici colori e numeri che, insieme a quelli della Rer, sembrano delineare un dipinto astratto, e i coniglietti rosa che avvertono di stare attenti a non lasciare le mani tra le porte quando stanno per chiudersi. La metro di Parigi è senza dubbio una delle metropolitane più calpestate del mondo, tanto quanto è una delle più scomode (sfido chiunque a non innervosirsi e, magari, imprecare quando con valigia e borsa si trova a salire il millesimo gradino senza scale mobili). 

In questo dedalo di scalini e treni affollati, spesso capita di incontrare seduta l'una vicina all'altra persone delle risme più differenti e che probabilmente non hanno nulla in comune a parte il fatto di trovarsi nello stesso vagone in metropolitana. Il pingue signorotto infagottato nel suo vestito di alta sartoria, la ventiquattrore e un appuntamento importante alle 15 può forse non soffrire lo skateboard che l'hisper sciarpa-cuffia-occhiali-tutto-multicolor vicino a lui continua a piantargli nel fianco, come l'hipster può non capire perché una giovane ragazza islamica che indossa il velo possa ridere così scherzosamente con le sue amiche. Eppure sono tutti lì, tutti insieme. La cosa più bella è che questo contatto diretto, forse non necessario ma inevitabile, è capace di raccontare molte storie.

Come quella dell'uomo di mezza età disoccupato che ormai non ha nulla di meglio da fare che passare le sue giornate a fare comizi sui vagoni del treno che riguardino il mondo del lavoro in Francia ed il governo di Hollande, in cui non crede più anche se lui è sempre stato di sinistra. Le sue parole risuonano solitarie nella metro circondato com'è da persone alle quali nell'insieme non gliene importa assolutamente nulla dei suoi discorsi ed, anzi, è già tanto se fanno finta di non sentirlo piuttosto che guardarlo male. 
In uno di quei bui pomeriggi, proprio nel momento in cui all'indifferenza generale cominciano a sommarsi risatine di presa in giro e sdegno, un ragazzo di colore vestito da gangsta prima di uscire dalla metro accende una sigaretta e la regala con un sorriso al signore del comizio. 
Il signore ringrazia, inizia a fumare e resta in silenzio. "Grazie a Dio", pensano quasi tutti i passeggeri della metropolitana. Da un angolo della metro, però, un artista con i capelli lunghi, chitarra e senza scarpe osserva il signore in silenzio, lo sguardo annebbiato da non si sa quale sogno o droga. Lui solo aspetta che il discorso riprenda.

Spesso accade che proprio mescolando persone diverse possano verificarsi anche le cose più inaspettate che, alle volte, sono anche quelle in cui si trova una più luminosa scia di empatia umana.

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