giovedì 5 gennaio 2012

Al di là dell'inquietudine, al di là della malattia

Ogni mattina il mio stelo vorrebbe levarsi nel vento
soffiato ebrietudine di vita,
ma qualcosa lo tiene a terra,
una lunga pesante catena d'angoscia
che non si dissolve.
Allora mi alzo dal letto
e cerco un riquadro di vento
e trovo uno scacco di sole
entro il quale poggio i piedi nudi.
Di questa grazia segreta
dopo non avrò memoria
perché anche la malattia ha un senso
una dismisura, un passo,
anche la malattia è matrice di vita.
Ecco, sto qui in ginocchio
aspettando che un angelo mi sfiori
leggermente con grazia,
e intanto accarezzo i miei piedi pallidi
con le dita vogliose di amore.

Alda Merini

Nient'altro che il desiderio di vivere, oltre i problemi e i limiti del presente, i macigni pesanti delle difficoltà quotidiane, al di là della malattia.
Ma il peso del mondo tiene a terra, trascina in basso e costringe al ridimensionamento, allora se non si può volare in alto con il proprio corpo è la mente che porta lontano con il pensiero profondo che coglie il senso del proprio spazio vitale: un raggio di sole è capace di ridonare un senso di calore che restituisce un desiderio di attesa e di amore, di attesa d'amore.
Anche nel momento più vuoto, più triste, più difficile, tutto ha un suo motivo e trova un suo posto nella strada della vita e tutto crea esperienza, nient'altro che acquisizione di consapevolezza, la consapevolezza della bellezza del grande mondo che ci circonda, pure nelle sue brutture e nei suoi ostacoli.

2 commenti:

  1. Cara Fo,
    questa poesia molto bella mi da molto a cui pensare, a seguito di un evento doloroso che ha colpito il mio paese.
    Il mondo è pieno di dolore, spesso non ce ne accorgiamo, non ci facciamo caso, presi dal mondo, dalle consuetudini e dai doveri che si sono anche a prescindere da noi stessi (per fortuna...).
    Tuttavia colpisce sempre singoli, persone che sono scrollate via dal mondo per cadere nel letto d'aghi del dolore. La poetessa è stata una di questi "punti".
    Cerca però un senso al dolore. Purtroppo credo non basta, come dici tu, esperire un senso "nella mente", essere immarsi in una profondità che dica cosa significhi la totalità del reale. Questa profondità può essere saldamente ancorata nelle convinzioni più profonde dell'uomo, può esser stata conquistata in modo estremamente difficile, ma nel momento in cui si viene "punti", ogni credenza sparisce, e rimane solo il dolore.
    La poetessa cerca una traccia di senso, e la trova. O meglio, trova una attestazione corporea del senso. I piedi scaldati dal piccolo quadrato di sole sono il centro della poesia, sono il calore benefico che da speranza alla poetessa.
    Auguro alle persone colpite dal pungolo del dolore di riuscire ad avere la forza di alzarsi dal letto ed andare ad appuggiare i piedi sul piccolo quadrato di sole che intravedono.

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  2. Mi dispiace per la tragedia che ha colpito il vostro paese e sì, hai ragione, non basta muoversi solo nel mondo del pensiero per andare al di là del dolore. Noi siamo un tutto unico, un insieme di coscienza e corpo e come il dolore del corpo influenza la mente e viceversa, lo stesso accade per felicità e soddisfazione.
    Ritrovare un filo di speranza a volte appare impossibile, ma forse un raggio di sole, col suo calore, può spezzare almeno per un momento con la sua spontanea forza e positività, la drammaticità della sofferenza.

    Nietzsche sosteneva che può essere addirittura il dolore stesso ad alimentare la felicità, perché, con Eraclito, riteneva che chi non ha sofferto non può comprendere la felicità.
    Concludo quindi con una citazione di Nietzsche:
    "Così grande è la felicità che lei ha sete di dolore, di inferno, di odio, di vergogna, di storpi, di terra, di questa terra."

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