Simone, 26 anni,  Psicologo Clinico neolaureato e neoabilitato alla professione che si sta inserendo nel mondo del lavoro e parallelamente frequenta una Scuola di Specializzazione in Psicoterapia
Pensa ogni tanto a cosa vuol dire essere italiano e/o appartenere ad un Paese come
l’Italia?
E'
 una cosa a cui penso spesso soprattutto in questi ultimi mesi, in cui 
sto imparando a conoscere DAVVERO come funziona il mio paese, cosa offre
 ai propri cittadini e che cosa gli chiede in cambio. Voglio dire, non 
lo capisci fino a quando non inizi a lavorare, a produrre ricchezza 
attraverso la mano d'opera per creare qualcosa che serve a tutti, oppure
 finché non inizi ad offrire un servizio specialistico ai tuoi 
concittadini. Non capisci cosa vuol dire essere cittadino italiano fino a
 quando non cominci a pagare le imposte allo stato, il quale ti 
ricompenserà con qualche forma assistenziale o con qualche servizio 
pubblicamente gestito. Non lo capisci di certo fino a quando non versi i
 contributi alla Previdenza Sociale per pagare la pensione dei nostri 
nonni, dei nostri zii e dei nostri genitori, e ti rendi conto di chissà 
quando ci arriverai tu. Questo si riflette in una maturata esigenza, che
 sorge a questo punto prepotente e fondamentale, di essere rappresentato
 da qualcuno in parlamento che faccia l'interesse della gente onesta, 
che non sia tutto “chiacchiere e distintivo”. Ecco, fino ad allora credo
 che un individuo, per quanto politicamente e socialmente impegnato, non
 possa sentirsi DAVVERO italiano. In fin dei conti, diventare parte di 
qualcosa (qualsiasi cosa) richiede tempo. Ad oggi essere italiano  mi
 fa tanto venire in mente un vecchio film di Renato Pozzetto, che si 
chiama “Un povero ricco”. L'Italia è la sesta economia mondiale, ma 
nonostante questo vive minacciata dal default tecnico; siamo 
cittadini che, mediamente, conducono una vita confortevole ma allo 
stesso tempo fanno fatica ad arrivare a fine mese. Non abbiamo i soldi 
per mettere benzina nella macchina, ma d'estate andiamo in vacanza 
all'estero. Siamo ricchi ma poveri. Questo sono gli italiani: dei poveri
 ricchi!
Che cosa ritiene identifichi l’essere italiano, l’appartenere ad un Paese come l’Italia?
Gli
 italiani hanno un gran potenziale: sono persone capaci, dall'ingegno 
multiforme, dal gusto sopraffino, dal romanticismo appassionato, dalla 
cultura profonda, persone di grandi doti sportive, dalla spiritualità 
devota, ma anche delinquenti ben organizzati. E infatti storicamente 
hanno eccelso enormemente in ciascuno di questi campi. Gli italiani sono
 geniali! Credo che tutto questo ci venga riconosciuto dal resto del 
mondo, nel bene e nel male percepito in maniera sottile ed apprezzato, 
invidiato e anche comprensibilmente disprezzato. In fin dei conti 
l'italiano incarna discretamente l'essere-umano-tipo, pregno di tutto il
 suo valore e di tutta la sua ombra. Essere italiano è Essere Umano.
Ci sono aspetti del nostro Paese che La rendono orgoglioso di appartenervi?
Non
 sono incline a campanilismi nazional - popolari... Anzi, gli stereotipi
 (come tutte le etichette che appiccichiamo alla gente per semplificarci
 la vita) mi danno fastidio. Diciamo che sono orgoglioso di essere 
italiano nella misura in cui sono orgoglioso di essere europeo, nella 
misura in cui sono orgoglioso di essere terrestre, nella misura in cui 
sono orgoglioso di appartenere a questa galassia e, in ultima istanza 
(forse), nella misura in cui sono orgoglioso di essere una creatura di 
questo universo. Non mi piace dividere, ma riunire. Sfortunatamente 
questo è un prodotto del pensiero razionale (con la sua astrazione) che 
implica la divisione per comprendere il tutto. E' una contraddizione 
ontologicamente irrisolvibile per noi occidentali, che genera 
separazione, quindi conflitto. Essere italiano è una necessità (nemmeno 
così tanto scontata) e non una virtù. Perché dovrebbe esserlo? Perché 
così ci sia un Altro contro cui misurarsi? No grazie.
Quali aspetti dell’Italia La deludono o La fanno arrabbiare?
Mi
 fanno arrabbiare due cose: la prima è la classe politica, figlia (di 
puttana) dei privilegi della casta di cui ultimamente si sente tanto 
parlare ma che esistono dall'Impero Romano; la seconda sono i cittadini 
che non reagiscono, che non lottano, che non si ribellano. Proprio come 
nell'Impero Romano. A me non piace la violenza, ma la vita è lotta (come
 secondo la concezione Induista e Buddhista – Zen) e noi italiani 
proprio non sappiamo lottare, non sappiamo “danzare” al ritmo di Shiva. 
Credo sia per questo che, storicamente, le dittature siano state così 
popolari entro i nostri confini nazionali. Vorrei vedere la gente 
reagire, mettere da parte i propri beni materiali faticosamente 
accumulati nel corso di generazioni e scendere nelle piazze, con grande 
impeto. Quanto basta. Quanto necessario.
In che modo viene considerata la sua occupazione nel nostro Paese?
In
 maniera senz'altro ambivalente. Se da parte del settore pubblico 
infatti vi è uno scarso investimento di risorse che finanzino progetti 
rivolti alla salute mentale ed al benessere psico – sociale in generale,
 e si assiste ad una scelta di comodo (votata al risparmio) da parte 
degli enti sanitari per quanto riguarda l'assunzione di personale 
qualificato in questo settore, si riscontra invece una domanda crescente
 da parte dei liberi cittadini che si rivolgono a psicologi e 
psicoterapeuti in forma privata. Al di là delle considerazioni pratiche 
su questo fenomeno, in questa sede è più opportuno che faccia una 
riflessione meno pragmatica: la gente, soprattutto quella che ha un 
reale bisogno di un aiuto specialistico, mantiene una crescente 
considerazione di questa professione, poiché considerata “nobile” in 
termini umani. Credo che questo sia legittimo, perché c'è davvero 
bisogno, a mio avviso, in una società cinica e utilitarista come è la 
nostra, di professionisti che si guadagnino da vivere aiutando il 
prossimo, amando l'essere umano nella sua diversità e che siano in grado
 di comprenderne le sue debolezze. Noto una grande insofferenza invece, 
per esempio, nei confronti di economisti e finanzieri (vissuti come 
sciacalli e speculatori), avvocati e giuristi (visti come parassiti e 
senza scrupoli), manager (avidi arrivisti pronti a tutto), dipendenti 
dell'amministrazione pubblica (lazzaroni e incivili), politici (ladri e 
bugiardi), ecc... Naturalmente questa è solo la percezione che ho di un 
senso comune strisciante e sulle bocche di tante persone con cui ho 
occasione di parlare, non necessariamente la mia opinione.
Ha qualche pronostico in mente sul futuro dell’Italia?
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Ha qualche consiglio da dare al nostro Paese e/o alle persone che lo compongono?
  Essere
 nati in un paese come l'Italia ci permette di avere accesso alla libera
 informazione e di avere una certa libertà di azione, cose per nulla 
scontate in altre zone del mondo. Quindi non siate pigri e attivatevi 
per cambiare le cose che non vi piacciono. Tutti devono raggiungere le 
risposte in modo libero, però non aspettate di capire il film quando 
avrete distrutto il cinema.
Direttamente da Thema.

 
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