sabato 5 febbraio 2011

Radici

Stare nella stessa città per tutta la vita?
No, non faceva per lei. Secondo Cane ogni strada valeva un’altra, ogni casa un’altra, ogni posto un altro. La vita era sempre e comunque altrove rispetto a un luogo che veniva consumato dalla sua presenza, calpestato dai suoi piedi, invaso dal suo odore. Non riusciva a capire come appartenere sempre agli stessi vicoli e ciottoli potesse permettere un’esistenza piena, ricca, fatta di diverse esperienze e sempre nuove conoscenze. Aveva deciso di muoversi, infatti, ogni volta che ne sentiva il bisogno, con chiunque ci fosse nella sua vita in quel momento, oppure da sola. Da quando il capitolo scuola era stato magistralmente chiuso Cane si divincolava in ogni istante dalle limitazioni che il mondo impone, dalle dipendenze, dalle proprie radici. Non sapeva proprio che farsene delle radici; esse per lei rappresentavano solo un ostacolo al movimento, quel movimento veloce che la faceva sentire viva, che le permetteva di provare l’ebbrezza della libertà. Sempre quasi febbrilmente, muovendosi come un animale affamato, lei saliva su treni o autobus, faceva l’autostop, svolgeva lavoretti occasionali per guadagnare quei pochi soldi che le servivano, pernottava da amici di amici di amici, per strada oppure non dormiva affatto per continuare a vivere semplicemente, per gustarsi un’altra notte di libertà. Cane non era una nomade, ma nemmeno una vagabonda o una nullafacente, semplicemente Cane voleva vivere.

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