mercoledì 10 ottobre 2012

Giornata mondiale della salute mentale: uniti contro lo stigma sociale


Per l'uomo è normale avere paura di ciò che non conosce. Per questo motivo l'uomo ha cercato, sin dall'antichità, di controllare tutti i fenomeni che non comprendeva e lo ha fatto prima con la magia, poi con la mitologia e, infine, con la tecnologia. 

Tramite questo percorso in crescendo l'uomo ha acquisito un grande potere che spesso viene interpretato come il potere di decidere della vita e della morte. L'uomo si è fatto giudice del mondo in quanto suo possessore e ha stabilito i criteri per una vita sana e normale. Non rispettare questi criteri significa non essere né sani né normali, perché, come sostiene Cartesio, chi non è sano o normale è malato e quindi portatore di percezioni errate che lo ingannano sulla realtà (il dolore devia i sensi secondo il filosofo). 

Si potrebbe semplificare e dire che il malato, secondo questa concezione, non è capace "né di intendere, né di volere", ovvero non è in grado di gestire il proprio libero arbitrio come si dovrebbe, perché, in quanto ingannato dai sensi, non ha punti di riferimento reali.

Questo discorso potrebbe valere per tutte le malattie, ma ha di certo un impatto particolare se connesso con le malattie mentali, che sono quelle che maggiormente mettono in difficoltà il mondo percettivo della persona, poiché ne mescolano le emozioni, ne complicano le sensazioni e liberano da ogni inibizione gli equilibri dell'umore e la stabilità dei sentimenti.


Io, però, con Cartesio e le sue semplificazioni non ci voglio stare.

Preferisco di gran lunga ascoltare le parole che Thomas Mann scrive in Der Zauberberg:

L'interesse per la malattia e per la morte è sempre e soltanto un'altra espressione dell'interesse per la vita

Affrontare il tema della malattia non significa sezionare un discorso in parti più semplici come se si dovesse risolvere un problema di matematica. La malattia fa parte della vita e non ha meno dignità di essa e per questo non si può pretendere di banalizzarla con blande semplificazioni.La malattia, così come la vita, non è un fenomeno, una cosa o un'idea, ma è una realtà e spesso una realtà difficile, dolorosa e, soprattutto, inspiegabile. Di fronte a essa non si può fuggire, non esistono scorciatoie, perché la malattia quando arriva, come la vita, non ha pietà, ma è implacabile.

I malati mentali, come ogni malato, non sono semplicemente malati di fronte ai quali si può dire "per fortuna non è successo a me", ma sono persone che come tutti affrontano le sfide di cui la vita gli ha fatto carico. 

Ognuno affronta la vita con i mezzi che possiede e che si sia malati o sani da questo punto di vista non vi dovrebbero essere differenze. Eppure per un malato mentale la vita spesso è più dura, perché oltre alle sfide della vita deve anche affrontare tutto un apparato sociale che lo pone su un gradino pià basso rispetto agli altri sia ai cosiddetti sani che ai "veri" malati (di cuore, di cancro, di diabete, ...), e questo complica la sua vita principalmente in due modi. In primo luogo, perché lo stigma sociale nei confronti della malattia mentale rende difficile l'accettazione della malattia e l'accesso alle cure per il malato stesso. In secondo luogo, perché molte persone non comprendono che una malattia mentale non è diversa da una qualsiasi altra malattia e tendono a sminuire i sintomi e i problemi che la malattia mentale, come del resto ogni malattia, porta con sé. In una situazione simile il malato è come se fosse sempre costretto a giustificarsi, anche se avrebbe più bisogno di comprensione.



Cosa si può fare in una situazione simile?
Bisogna iniziare a non costringere più il malato a cercare di giustificarsi per una malattia che non ha cercato o voluto, ma che gli è piombata addosso inaspettatamente. Bisogna accettare il fatto che si possa essere malati anche di mente senza abbandonarsi a considerazioni superficiali o offensive. Bisogna comprendere che una persona è la sua malattia solo nel momento in cui si decide di vederla così, perché ogni malato è prima di tutto una persona con emozioni e sentimenti.

Quello che si deve fare è essere uniti contro lo stigma sociale che esiste nei confronti delle malattie mentali, solo in questo modo si potrà garantire una vita migliore non solo ai "malati", ma anche ai cosiddetti "sani".

martedì 9 ottobre 2012

Smile


Un giorno senza sorriso è un giorno perso.


Charlie Chaplin


Anche se fuori piove e tira vento. Anche se qualcosa è andato storto oppure la giornata è iniziata male. Anche se quello in cui si sperava non si è realizzato, l'importante è continuare a sorridere.
Ogni sorriso è una riga di felicità in più.
Ogni sorriso è il modo migliore per combattere contro le angherie del karma.
Ogni sorriso è un regalo che viene fatto non solo a se stessi, ma anche agli altri.

sabato 6 ottobre 2012

Ringraziamenti


Stamattina mi sono alzata tardi e ho mangiato una fetta della torta paradiso che la mamma ha comprato a Pavia. 

Mi sono presa del tempo e ho fatto due chiacchiere con mia sorella, ho fatto qualche esercizio di pilates e ho giocato un po' con il pappagallo nevrotico che da quasi due anni vive nella mia stanza dopo essere entrato dalla finestra.

Sono quasi due mesi che non scrivo, ma adesso che il peggio è passato posso riprendere con maggiore calma.

Nella tesi non ho avuto il coraggio di scrivere i ringraziamenti, ci sarebbe stato troppo dolore in quella paginetta al punto che sarebbe sembrata ipocrita. A un mese di distanza sono più tranquilla e questo post della rinascita lo voglio dedicare a tutti coloro che mi sono stati vicini fino all'ultimo in tutti questi anni.

Alla fine di questo ciclo importante della mia vita credo di aver imparato tanto e se è stato così il merito va tutto alle persone che mi hanno circondata e che mi hanno dato la possibilità di essere loro vicina e che a loro volta mi sono state accanto.

Se avessi scritto i ringraziamenti alla fine della tesi, credo che sarebbero suonati più o meno così:
La prima persona che voglio ringraziare è mia madre, che mi è stata molto accanto soprattutto nei mesi più difficili.

Seconda, non per importanta, è Rachele, che mi ha sostenuta sempre e sopportata nei miei deliri.

Mia sorella che, anche se lontana, so che mi è sempre stata vicina e mio padre con cui ho discusso di tutte le mie fisime filosofiche.

Ringrazio poi Andre, che è stata dura per tutti e due.

Gianca che ha condiviso con me lo studio matto e disperatissimo.

Tutti i miei cari compagni di corso con cui ho vissuto momenti bellissimi in questi cinque anni di Università. Grazie: Giulia, Elena, Stefano, Federica, Martina, Gabriele.

Valentina, che nonostante i casini che facciamo alla fine ci ritroviamo sempre (che donne pazze!).

Laura, la nostra sorellina di Ferrara.

Michele, con il suo estro creativo, e Andrea con la sua nuova avventura in Georgia.

Malvina, amica sempre fedele.

Paola e Giovanna, le amiche della mamma.

Erika e Daniela, le mie fantastiche coinquiline "terroncelle".

I miei nonni che hanno condiviso con me la calura estiva e mi chiamavano il pomeriggio per sapere se ero ancora viva, se avevo bisogno di qualcosa, per dirmi che c'erano kg di ragù e leccornie pronti per me.

Ringrazio anche il caldo e l'ascesi, che mi hanno insegnato il significato della parola "sacrificio".

L'ordine non conta, nella cerchia ristretta sono tutti molto importanti. Avrei potuto includere qualcun'altro, non me ne voglia nessuno, ma dopo gli ultimi mesi ho deciso di andare al punto, anche se ci sono altre persone a cui voglio bene (e queste persone lo sanno).

Ho ancora una lunga strada da percorrere, molte difficoltà da affrontare e sicuramente cambieranno ancora i nomi della mia vita e le persone importanti. Intanto, però, ringrazio sia tutti coloro che in questi anni sono rimasti sia quelli che sono entrati ex novo nella mia vita: grazie, avete riempito la mia vita di colori e di sentimenti, mi avete fatta crescere e mi avete dato il coraggio di andare avanti, di credere in me stessa anche quando ho vacillato, di vedere oltre il momento difficile, di godere con voi delle vostre gioie e di avere il grande privilegio di tentare di consolarvi quando eravate in difficoltà.

Ancora, grazie.