Citazione da sapere per essere colti:
La neostoria, non avendo altro luogo verso cui convogliare le correnti sempre più rapide del suo flusso eracliteo, si volgerà verso la moda e il mercato, che si concepiscono ormai come una profonda realtà ontologica ed economica, misteriosa e irrevocavile quanto lo era un tempo la natura.
Fredric Jameson
Mi guardo intorno sonnecchiando in metropolitana: di fronte a me
si trova una signora anziana che si regge mollemente su un bastone, con la coda
dell’occhio riconosco sulla mia sinistra il vestito colorato di un’africana e
in fondo alla carrozza vedo un ragazzo che ascolta la musica e batte il tempo
con il piede sul pavimento di linoleum. Le cuffie del suo lettore sono bianche,
immagino subito che stia usando un prodotto della Apple e in effetti, poco dopo
tira fuori dalla tasca un iPhone a cui le cuffie sono attaccate.
Il ragazzo si accorge che lo sto guardando. Con un cenno gli
mostro le mie cuffie, anch’esse bianche e allora lui mi sorride.
Il vagone si ferma e si aprono le porte.
Sono arrivata alla mia fermata e devo scendere.
Lancio un ultimo sguardo al ragazzo per poi gettarmi nel marasma
della gente che corre per andare a prendere il treno.
La riconoscibilità di un brand permette oggi di riconoscerci gli
uni con gli altri come appartenenti ad una medesima realtà, ad un medesimo mondo.
Si creano sottogruppi legati al possesso di un prodotto di un determinato
marchio e si instaura un legame particolare tra i suoi membri, che sono
interconnessi fra loro grazie alla potenza simbolica del proprio acquisto.
Il fatto è che le relazioni interumane si fondano su legami
sempre più basati sulla condivisione di interessi, così come testimoniano la
formazione di gruppi su internet in cui perfetti sconosciuti interloquiscono tra
loro su temi che invece sono di comune interesse.
Il rapporto umano finisce quindi per essere intessuto non più
solo sul piano dell’incontro diretto e nel mondo reale[1],
ma è creato attraverso una serie di molteplici mediatori, di cui “la moda e il
mercato”, a cui si riferisce Jameson, non sono che un esempio delle diverse
possibilità che possono arrivare a metterci in relazione gli uni con gli altri.
Tutte queste modalità hanno oggi acquisito un’importanza e una pregnanza tali
da assumere “una profonda realtà ontologica”, ovvero uno spessore
irrinunciabile, un nucleo fondante e fondato nel sistema di creazione di sé e
delle relazioni con gli altri.
Spesso infatti si affida al marchio non solo il riconoscimento
della comunanza con altre persone, ma anche il senso della propria identità,
che finisce per essere la somma di tutti quegli aspetti ordinari e quotidiani
che compongono le nostre giornate. Per esempio se compro un Mac arriverò a
possedere nell’immaginario collettivo, che io condivido anche inconsciamente,
certe caratteristiche peculiari che sicuramente differiscono da quelle di chi
compra un “semplice” pc. Lo stesso vale se scelgo di affidarmi al messaggio
lanciato da una borsa di Louis Vuitton piuttosto che da una di H&M – un affidarsi che può accadere altrettanto
inconsapevolmente. E tutto questo per il puro valore che viene simbolicamente
assegnato agli oggetti che si acquistano all’interno della rete sociale a cui
si appartiene.
In questo senso allora sembra che il tipo di moda che si sceglie
(o non si sceglie) di seguire finisce per caratterizzarci e identificarci nel
mondo in un modo a dir poco sorprendente, al punto che la nostra identità
appare come disseminata di prodotti che ne caratterizzano il livello di
profondità o superficialità.
Come superare questa mediazione apparentemente incontrovertibile?
Si potrebbe decidere di scendere ad un’altra fermata e cercare
di conoscere quel ragazzo seduto là in fondo, quello che ascolta la musica con
le cuffie bianche.